sabato 24 settembre 2011

Le Pergamene della Pieve

Le antiche pergamene della Pieve di Dardago.

L’archivio della Pieve di Santa Maria Maggiore di Dardago custodisce un importante corpus di antiche pergamene.
La parrocchia di Dardago e la redazione del periodico l’Artugna cominciarono ad interessarsi delle pergamene già nel 1973 con un’opera di salvaguardia che meritò apprezzamento dell’allora direttore dell’Archivio di Stato di Pordenone, Tullio Perfetti.
Le pergamene in questione, dopo lunghi anni di abbandono … sono tolte dal sonno dall’autorità religiosa locale che ne ha compreso l’importanza e che, invece di far loro prendere la via del caminetto o di qualche bottega antiquaria, ha consentito il loro restauro e riordini avvenuti nel 1973-1975 presso la Certosa di Pavia…” (cfr l’Artugna n. 29, Agosto 1979).

Successivamente, alla fine degli anni settanta, l’Artugna pubblicò le regestazioni dei manoscritti curati dai proff. Paolo Goi e Tullio Perfetti, su incarico dell’allora parroco, mons, Giovanni Perin. Le pergamene, però, non furono mai trascritte nella loro interezza.
Nel 2008, grazie al lungo e paziente lavoro del prof. Carlo Zoldan, ha visto la luce “La pieve di Dardago tra XII e XVI secolo – Le pergamene dell’archivio, un’opera che colma una lacuna nella conoscenza della storia della pieve dardaghese e della sua struttura spirituale ed economica-amministrativa.


Le pergamene

Il corpus di manoscritti pergamenacei, di cui viene fornita l’edizione completa, la traduzione e l’indicizzazione, abbraccia un periodo che va dal XIII al XVI secolo e si conclude con una bolla di nomina di un curato del 1756.  Il primo manoscritto è datato 16 aprile 1299. Sono tutte scritte in tardo latino.
Le pergamene hanno dimensioni diverse. Sono rettangolari con la base minore dell’altezza. Solo tre sono più larghe che alte. La maggior parte delle pergamene hanno una base che va dai 13 ai 18 centimetri di base e una altezza dai 23 ai 33 centimetri di altezza.
Alcune hanno formati molto diverse: la più antica, quella del 1299, misura cm.14 x 100 ed è composta da due pezzi cuciti da una fettuccia di pergamena mm 320 dalla base. Da segnalare anche la pergamena n. 53 del 1548 che, unica tra tutte, riporta uno stemma alla base (quello riportato nella copertina del libro).

Molto soddisfacente è lo stato di conservazione dello stesso corpus. Secondo il prof. Zoldan, 30 pergamene sono da considerare in buono stato, 21 pergamene sono in ottimo stato e solo per 10 pergamene lo stato di conservazione è considerato discreto. Una pergamena non è stata valutata in quanto è formata solo da un frammento.

Oggetto degli atti

Gli atti contenuti nelle pergamene sono di diversa natura. La maggior parte riguardano compravendite, donazioni, livelli, legati, testamenti, decime in cui uno dei comparenti è la pieve rappresentata dei suoi amministratori.
Dalla descrizione dei beni oggetti degli atti si può avere un quadro abbastanza completo e verosimile del modo di vivere  degli abitanti della pieve nel Tardo Medioevo.
Essi abitavano in case di muratura, spesso con il tetto di paglia; accanto all’abitazione s’addossava una piccola stalla con pochi animali, mucche per il latte ma anche per aiutare contadini nei lavori dei campi dai quali traevano il sostentamento per le loro famiglie, con la coltivazione di frumento, miglio, sorgo, viti, foraggio.  Il cortile, a volte promiscuo, ospitava il pollaio e uno stretto ricovero per il maiale; nei pressi di casa, il brolo racchiudeva l’orto e gli alberi da frutto compreso qualche ulivo. Anche il bosco offriva, con la legna e le castagne, fonte di reddito.
Oltre ai contadini, non mancavano gli artigiani: carpentieri fabbri, calzolai, sarti, tessitori, conciatori di pelle, coltellinai.
Questi documenti testimoniano anche quanto era radicata la fede tra quella gente: numerosissime le testimonianze di lasciti e legati testamentari a favore della pieve per la celebrazione di Sante Messe di suffragio per la propria anima e per quelle dei famigliari defunti.

Dalla lettura delle pergamene emergono interessanti testimonianze sulla circolazione e sull’uso delle monete dell’epoca: ducati, lire venete, grossi, piccoli, frissachesi

I notai

I notai erano uomini con una certa cultura che, investiti dall’autorità civile, stilavano e sottoscrivevano i contratti alla presenza delle parti e dei testimoni.  Il notaio della pergamena più antica (1299) si firmava in questo modo. Ego Zambonus, imperiali autoritate notarius.
Fino al 1400 circa, essi si firmavano con il solo nome e il paese (Antonio da Polcenigo, Francesco da Aviano, Butufredo da Aviano, GiovaniPietro da Polcenigo, Giovanni da Udine, ecc). Più tardi, accanto al nome, appare il cognome (Giovanni Doglioni da Belluno, Francesco Fabris da Polcenigo, Giacomo Zanetti da Pordenone, Andrea Canton da Aviano, Antonio Massari da Porcia, ecc). L’ultima pergamena (1756) è compilata dal segretario del Capitolo Cattedrale di Concordia, Michele Tiera.
Prima della firma, il notaio apponeva il proprio Signum spesso formato da un simbolo grafico ottenuto sovrapponendo o combinando due o più lettere del suo nome (monogramma). Altre volte il signum era composto da figure simboliche non sempre facilmente decifrabili.
Il signum notarii  nel corso del Medioevo ha acquistato una specifica funzione certificante, senza il quale l’atto non avrebbe avuto validità. 

L' opera editoriale “La pieve di Dardago tra XII e XVI secolo – Le pergamene dell’archivioverrà prossimamente illustrata in questo blog.